Omelia del parroco don Onorio Scaglione per la Giornata mondiale (7 settembre 2013) di preghiera e di digiuno per la pace, voluta da Papa Francesco

papa-francescoSiamo qui stasera riuniti nella nostra Chiesa Madre davanti a Gesù Eucaristia solennemente esposto sull’altare per una corale invocazione di pace che si è caricata, in queste ultime ore, di una drammaticità e di una urgenza di cui non c’è ricordo dalla fine dell’ultima guerra, la seconda guerra mondiale.
Ci sentiamo spiritualmente uniti a Papa Francesco che in questo momento presiede la preghiera e l’adorazione Eucaristica in Piazza San Pietro ed al nostro Arcivescovo il Card. Paolo Romeo che nello stesso orario sta pregando con i fedeli riuniti nella Cattedrale di Palermo.
E’ una chiamata alla preghiera, calata nel buio delle ore che stiamo attraversando, che non è mai stata così vicina ad una minaccia di guerra, che non ha mai risposto con altrettanta aderenza alle ansie, alle trepidazioni di tutto un popolo, del mondo intero .
Una preghiera che diventa professione di fede, anche se in tante parti del mondo è affiancata dal chiasso sia pur moderato dei cortei, dalla suggestione degli slogans, dalle tematiche delle ragioni e dei torti.
Una preghiera, la nostra, destinata a non avere altri echi all’infuori di quelli raccolti all’interno della nostra comunità parrocchiale stasera stretta insieme nelle sue varie componenti su invito pressante di Papa Francesco.
Siamo convocati davanti al Signore per unirci e saldarci alle speranze ed ai tormenti di una umanità a cui non resta altro rifugio che la luce e la misericordia di Dio.
La guerra è un’avventura senza ritorno.
La guerra è il più grande fallimento umano.
Ed è con intima gioia che in questi giorni abbiamo ascoltato la voce forte e suadente del Papa ma è anche con sincera preoccupazione, con amarezza e con vergogna che dobbiamo riconoscere che questa voce è rimasta pressochè solitaria almeno tra quelli che si considerano i grandi della terra riuniti in questi ultimi giorni in Russia a San Pietroburgo, uomini insigniti di responsabilità collettive e di dirompenti poteri.
Non saremmo in una crisi così incerta, il Papa stesso non sarebbe tanto visibilmente preoccupato se l’accettazione dell’inevitabilità della guerra non fosse tra noi così forte e diffusa, accomunando i pochi che la auspicano ed i molti che la temiamo, ma non sappiamo immaginare come concretamente evitarla.
Di fronte a tanto malinteso coraggio e ad una fiducia troppo fiacca, davvero dobbiamo pregare perché Dio accresca in tutti noi quel realismo lucido che sa vedere vie di rinnovamento e di accordi dove gli uomini consegnati alla propria autoaffermazione vedono solo ragioni di paura e necessità di atti di forza.
“Oggi – dice il Papa – occorre andare risolutamente verso l’assoluta prescrizione della guerra e coltivare la pace come un bene supremo al quale tutti i programmi e tutte le strategie debbono essere subordinate. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza”.
Nella stretta di questa crisi una sola autorità può garantire tutte le parti in causa e dare tranquillità al mondo intero ed è il Segretario generale delle Nazioni unite il Dott. Ban Ki Mun. Confidiamo su di lui, l’abbiamo sentito parlare con umiltà e con autentica quanto responsabile discrezione.
A lui affidiamo ogni superstite e residua speranza di ottenere ciò che il dialogo diretto tra le parti non è riuscito purtroppo ad ottenere.
Ma quale e quanta amarezza nel sentire il Papa che con voce rotta da profonda tristezza, domenica scorsa, ha detto : “ Solo Dio ci può dare ed assicurare la pace “.
Ecco perché oggi è più che mai l’ora della preghiera.
La preghiera può ottenere ciò che umanamente non è più lecito sperare. Si può, si deve sperare. Sperare contro ogni speranza. Perchè la pace è ancora possibile, mentre al contrario non solo la guerra sarebbe il declino dell’intera
umanità ma la pace che potrebbe portare, lasciando intatte le cause profonde della violenza, non potrebbe che preparare nuone aggressioni e nuove guerre.
I veri amici della pace, oggi più che mai, si rendono conto che questa è l’ora del dialogo, del negoziato, della preminenza della legge internazionale.
Inaccettabili violazioni delle leggi internazionali sono state nei decenni trascorsi :- l’invasione del Kuwait, l’invasione dell’Afganistan, l’invasione dell’Irak, l’invasione della Libia ; tutto ciò non giustifica la tragica avventura che rappresenterebbe una guerra. Il principio ispiratore deve essere quello della giustizia e dell’equità. Il ricorso alla forza non è mai giustificabile. Basti anche pensare alle conseguenze che ne deriverebbero dalle azioni militari rese oggi sempre più devastatrici dalle sofisticate tecnologie moderne per la sopravvivenza delle popolazioni e dell’intero pianeta.
L’eco della nostra preghiera – stasera – non arriverà certo a coloro che debbono decidere le sorti dei paesi e del mondo ma arriverà certamente a Dio cui è diretta.
Diventa allora un coro di voci che esprimerà la volontà di tutti quanti noi, che solo nella pace confidiamo, per trovare prosperità per noi stessi e soprattutto per i bambini ed i giovani che saranno i costruttori di un mondo nuovo e migliore per le future generazioni.
Deve vincere la pace perché deve vincere l’amore.
Regna la pace dove regna il Signore.
Siamo tutti a chiederci come è possibile fermare l’inizio di quella che potrebbe essere ricordata, dagli storici del futuro, come la terza guerra mondiale.
Molti ormai si rassegnano al conflitto, altri organizzano marce e proteste per la pace.
Noi cristiani, dal Santo Padre, siamo invitati invece e solamente a pregare. Solo Dio può cambiare la testa ed il cuore dei capi delle nazioni che vogliono la guerra o non fanno tutto il possibile per evitarla o addirittura fanno di tutto per favorirla con azioni criminali e devastanti : vedi l’uso di armi chimiche, la distruzione di Chiese cattoliche, l’uccisione di vescovi e sacerdoti, il bombardamento di interi quartieri sia in Siria che in altre parti del mondo.
La guerra scoppia sempre, prima che per interessi ed egoismi diversi ed opposti (vedi per esempio la vendita delle armi, il predominio territoriale con sbocchi nel mare, il petrolio ), a causa dell’impossibilità di comprendersi, di dialogare, di parlare lo stesso linguaggio. Il tragico è che dopo Pol Pot in Vietnam, dopo Saddam Hussein in Irak, dopo Gheddafi in Libia, dopo i Talebani in Afganistan, dopo Komeini in Iran, dopo il Generale Assad in Siria, altri possibili tiranni e capipopolo sono in agguato tra le masse diseredate detta terra, pronti a sventolare la bandiera del nazionalismo e del riscatto ; a scatenare nuove dinamiche di rivalsa e nuovi scenari di guerra.
La pace è credibile e persuasiva per il cuore indurito degli uomini solo quando coincide interamente con la persona umana e con la sua vita.
Nessun desiderio di giustizia, anche il più legittimo, può giustificare la distruzione di ciò che è altro da se, perché nessun desiderio di giustizia è più grande del dono di sé, che la fede rende possibile. L’angoscia e la disperazione non sono mai accettabili per il cristiano ; nessun insuccesso, nessuna costatazione del prevalere del male può rallentare la speranza e la carità cristiana.
Anche se la guerra dovesse stendere la sua ala di morte sull’umanità, la missione del cristiano non ne resterebbe cancellata.
La guerra nasce dall’incomprensione.
La pace viene solo dalla santità.
Imploriamo allora dal Signore il dono della pace.
Il Signore che ascolta il grido dei poveri possa indurre il cuore dei potenti perché animati da autentica volontà di giustizia globale, risolvano alla radice i gravi problemi dello scacchiere medioorientale sempre in pericoloso fermento e grande turbolenza. Recedano da ogni progetto di violenza e ricerchino nel dialogo la via della pace.
Il Padre dell’umanità abbia pietà dei suoi figli.
“Fino a quando Signore ?”
Qualche millennio fa un piccolo uomo, su un minuscolo amgolo di terra, stava esaurendo tutte le sue scorte di pazienza Ed allora ha voluto comunicare la cosa molto “in alto”, con un tono accorato, veemente e forte.
Con un grido : “ Fino a quando, Signore ? …..”
Nasceva così il salmo 13 : una preghiera di lamento, una nota di protesta.
Personalmente ho l’impressione che talvolta le nostre preghiere siano malate di eccessiva timidezza, quasi avessimo paura di disturbare il Signore. Oppure di confessare che non ne possiamo più, che così non si può andare avanti.
Eppure scoccano momenti, nella vita, in cui si vedono cose e ci si sente imprigionati in situazioni terribili. Momenti in cui si è stanchi di soffrire o di vedere soffrire. Ed allora viene voglia di ribellarsi, di pestare i piedi e di gridare a squarcia gola : Signore , fino a quando ? Ma dove sei ? Ma perché non intervieni ? Svegliati Signore e fatti sentire prepotentemente. Basta, non è possibile … non è giusto !
Disturbiamolo il Signore. Preghiamo senza mai stancarci.
Il salmo 13 ci autorizza a dirottare questa protesta ruvida, aspra, verso l’alto, verso Dio.
E’ possibile pregare anche quando ci si bisticcia col Signore, anche quando non si è d’accordo con Lui, anche quando si ha qualcosa da rimproverargli e ci si trova ai limiti della ribellione con l’anima in rivolta.
E le litanie diventano litanie di impazienza e di insofferenza.
Fino a quando Signore ? Fino a che punto ?
Insomma un dolore intollerabile, sia per la durata che per la violenza. Quattro unghiate, ma ferme.
“Fino a quando, Signore, ti dimenticherai di noi?
Sino alla fine ?
Fino a quando mi terrai nascosta la tua faccia?
Fino a quando avrò l’anima in rivolta e, giorno dopo giorno ruminerò pensieri amari ?
Fino a quando l’avversario dominerà su di me? “
Venga Signore il tuo regno di pace.
Dacci Signore la tua pace. Sii tu Signore la nostra pace.
Amen Amen!